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Passo 1

Un’ampia letteratura nazionale e internazionale, fondata su dati di ricerca, indica che per ridurre le diseguaglianze è cruciale investire sull’educazione dei più piccoli, a partire dalle bambine e dai bambini in età 0-2 anni.
L’investimento in educazione precoce – early start – è, secondo l’ONU e tutta la comunità scientifica internazionale, quello più capace di prevenire le ineguaglianze nel corso della vita. In Italia l’investimento educativo su questa fascia di età è minimale, in alcune regioni del Sud quasi inesistente. Un circolo vizioso collega i bassi indici di presenza di servizi per la prima infanzia con le basse percentuali di lavoro femminile, soprattutto delle mamme. Non stupisce dunque che durante l’emergenza i bisogni educativi dei più piccoli siano stati in assoluto i più trascurati. Oggi la prolungata chiusura delle attività mette a repentaglio la stessa tenuta della fragile rete dei servizi educativi esistenti.

Per uscire dalla crisi investendo sull’educazione è necessario partire dai Poli educativi 0-6, con l’obiettivo, possibile e non più rimandabile, di assicurare ad ogni bambina e bambino una offerta educativa che accompagni la sua crescita sin dalla prima infanzia, riduca i divari educativi, sostenga la genitorialità e le famiglie, soprattutto nelle aree più deboli. In primis per mettere al centro le bambine e i bambini riconosciuti come soggetti di diritto e in seconda istanza per favorire la conciliazione tra i tempi di lavoro dei genitori e la cura dei bambini ed evitare che tutto il carico connesso alle responsabilità familiari finisca per ricadere, anche in termini di esclusione dal mercato del lavoro, sulle spalle delle donne, in un pericoloso meccanismo di delega di genere sui compiti di cura.

Chiediamo dunque che l’accesso ai servizi educativi per la prima infanzia di qualità diventi un diritto esigibile per tutti, attraverso l’attivazione, a partire dai territori più svantaggiati, dei Poli educativi 0-6 (dlgs 65/2017), sotto il coordinamento del Ministero dell’Istruzione, con garanzia di accesso gratuito per le famiglie in difficoltà economica. E che su questi servizi si definisca un investimento strategico almeno fino al 2025. I Poli educativi rappresentano uno spazio “sociale” concreto: stimolano la presenza dei genitori e della comunità attorno alla cultura dell’infanzia e dell’educazione. Generazioni di genitori e di insegnanti si ritrovano attorno al nuovo servizio educativo, per collaudare forme di collaborazione e di partecipazione. È attorno a questo tipo di servizi educativi che la comunità educante cresce e si attiva.

Passo 2
La didattica a distanza, necessaria per mantenere un minimo di legame tra scuole e alunni, non ha potuto sostituire la scuola e ha fornito una risposta solo parziale alla sospensione delle attività scolastiche. Oltre a produrre difficoltà per l’apprendimento, ha compresso la socialità, mortificato il confronto, accentuato i rischi di isolamento. Riaprire le scuole di ogni ordine e grado rappresenta una priorità assoluta. A partire da un’estate che deve essere ricca di opportunità educative, di socialità e di gioco. La riapertura delle scuole è un banco di prova che coinvolge, sotto la guida delle istituzioni scolastiche, tutti gli attori della “comunità educante”: scuole, enti locali, famiglie, terzo settore e civismo attivo, istituzioni culturali – come musei e biblioteche – e mondo produttivo. Sulla spinta dell’emergenza, il nuovo anno scolastico può essere l’avvio di un cambiamento negli spazi e nei modi del fare scuola atteso da tempo.

Una scuola che si fa comunità e si lascia attraversare dal territorio, che ha luogo anche all’aperto ed è parte di città che educano, può aiutare anche a superare la contraddizione che spesso vede la scuola pubblica aperta a tutti, dentro ad un territorio che non concede le stesse possibilità di accesso alle opportunità ricreative, culturali e di socialità. Non mancano in Italia pratiche positive di attività educative integrate a livello locale alle quali ispirarsi. L’obiettivo è ridisegnare, con un forte investimento e coinvolgimento delle scuole, anche l’offerta educativa extrascolastica, prendendo spunto dalle migliori esperienze realizzate per il contrasto della povertà educativa. Insomma, una scuola che rompe lo spazio dell’aula a vantaggio di un ‘paesaggio di apprendimento’ diffuso e si trasforma in una comunità di ricerca. Una scuola coraggiosa che affianca all’educazione formale, quella informale e non formale.

Chiediamo agli enti locali di farsi promotori, in collaborazione con le scuole e il civismo attivo, di patti educativi territoriali per coordinare l’offerta educativa curriculare con quella extracurriculare, mantenendo le scuole aperte tutto il giorno. In questo processo chiediamo di dare voce e spazi di cittadinanza agli studenti, di ogni fascia di età, perché esercitino un ruolo attivo nelle scelte che riguardano il loro percorso educativo.
È necessario immaginare luoghi di partecipazione reale delle bambine, dei bambini e degli adolescenti, per costruire insieme a loro la scuola e la comunità educante.

Le gravi diseguaglianze digitali emerse in questo periodo non possono, inoltre, essere ignorate. Per questo è sicuramente importante sottolineare che non è pensabile affrontare il prossimo anno scolastico senza un adeguato investimento in infrastrutture tecnologiche. Per i docenti così come per gli studenti è necessario attivare un sistematico programma di educazione digitale, garantendo agli studenti le dotazioni informatiche di base.

Passo 1

L’emergenza ha colpito tutte le bambine, i bambini e gli adolescenti, ma la crisi non è stata uguale per tutti. Quelli che già vivevano in condizioni di svantaggio sono rimasti ulteriormente indietro. Molti studenti non hanno potuto fruire della didattica a distanza, per mancanza di strumenti e competenze, per condizioni abitative e familiari. Molti bambini con genitori stranieri hanno rallentato, se non interrotto, la pratica della lingua italiana. Rischiamo una drastica perdita di competenze e conoscenze e un forte aumento della dispersione scolastica. In questi mesi, sul campo, abbiamo iniziato a vederne i segnali.
E’ fondamentale raggiungere i più colpiti dal black out educativo a partire dall’estate, con una offerta educativa personalizzata, da far proseguire alla ripresa delle scuole, anche con l’utilizzo di risorse economiche (doti o budget educativi) a sostegno dei percorsi educativi degli adolescenti, dei bambini e delle bambine che vivono nelle situazioni familiari più deboli economicamente. Per questi nuclei sarà fondamentale infittire il raccordo con l’azione dei servizi sociali per garantire all’interno dei percorsi che già coinvolgono le famiglie un’attenzione particolare ai bambini e alle bambine presenti nel nucleo.

Per una scuola che sia accessibile a tutti, chiediamo di rimodulare le risorse europee destinate all’istruzione per sostenere i contesti più colpiti dall’impoverimento, attraverso servizi di mensa scolastica gratuiti, dotazioni di libri, ebook e sussidi didattici e di kit scolastici di ingresso. Prevedendo l’adeguato supporto aggiuntivo di insegnanti e educatori per questa fase. Perché il cambiamento improvviso nelle abitudini di milioni di giovani non riguarda solo la dimensione cruciale degli apprendimenti, ma interessa anche le sfere della relazionalità e del benessere psico-fisico.
Occorre intervenire anche per contrastare le conseguenze psicologiche dovute all’isolamento sociale, soprattutto per i bambini con maggiori vulnerabilità. È necessario che la riapertura dei servizi educativi e ricreativi sia in grado di garantire una presa in carico anche dello stress e di disturbi specifici causati dall’isolamento, attraverso una formazione specifica degli operatori e maggiori investimenti nelle misure di sostegno psicologico. Andrebbe incentivato, inoltre, l’accesso anche da parte dei genitori che ne hanno bisogno a forme di sostegno psicologico attraverso l’ampliamento dei servizi e campagne di informazione dedicate.

Tra i più colpiti dall’emergenza vi sono gli alunni con disabilità e i loro genitori, che hanno spesso subito un grave isolamento sociale. E’ indispensabile interrompere questo isolamento, assicurando un forte sostegno sociale ed educativo. Così come è importante rimarcare l’urgenza di investire sulle pratiche di integrazione tra alunni italiani ed alunni con background migratorio anche per evitare ogni rischio di segregazione scolastica.
Un’attenzione particolare va dedicata agli adolescenti, protagonisti invisibili dell’emergenza. Prima della crisi un numero impressionante di ragazze e ragazzi erano fuori dai circuiti educativi, di formazione e di lavoro, i cosiddetti NEET. Questo numero rischia di esplodere. E’ indispensabile non perdere nessuno degli adolescenti usciti dal circuito scolastico, ma raggiungerli e seguirli favorendo un percorso di accesso e orientamento alla formazione professionale e al lavoro. Lo si può fare prevedendo un investimento sullo youth work e l’educazione non formale che consenta di incontrare anche le ragazze e i ragazzi che si sono dispersi, nonché coinvolgerli nella ripresa delle loro comunità anche attraverso le attività inserite nei progetti di servizio civile.
Occorre scongiurare il rischio – oggi più forte – di un aumento delle condizioni di sfruttamento lavorativo e di coinvolgimento nelle reti della criminalità e di aumento degli episodi di bullismo

Passo 4

E’ fondamentale raggiungere i più colpiti dal black out educativo a partire dall’estate, con una offerta educativa personalizzata, da far proseguire alla ripresa delle scuole, anche con l’utilizzo di risorse economiche (doti o budget educativi) a sostegno dei percorsi educativi degli adolescenti, dei bambini e delle bambine che vivono nelle situazioni familiari più deboli economicamente. Per questi nuclei sarà fondamentale infittire il raccordo con l’azione dei servizi sociali per garantire all’interno dei percorsi che già coinvolgono le famiglie un’attenzione particolare ai bambini e alle bambine presenti nel nucleo.
Per una scuola che sia accessibile a tutti, chiediamo di rimodulare le risorse europee destinate all’istruzione per sostenere i contesti più colpiti dall’impoverimento, attraverso servizi di mensa scolastica gratuiti, dotazioni di libri, ebook e sussidi didattici e di kit scolastici di ingresso. Prevedendo l’adeguato supporto aggiuntivo di insegnanti e educatori per questa fase. Perché il cambiamento improvviso nelle abitudini di milioni di giovani non riguarda solo la dimensione cruciale degli apprendimenti, ma interessa anche le sfere della relazionalità e del benessere psico-fisico. 

Occorre intervenire anche per contrastare le conseguenze psicologiche dovute all’isolamento sociale, soprattutto per i bambini con maggiori vulnerabilità. È necessario che la riapertura dei servizi educativi e ricreativi sia in grado di garantire una presa in carico anche dello stress e di disturbi specifici causati dall’isolamento, attraverso una formazione specifica degli operatori e maggiori investimenti nelle misure di sostegno psicologico. Andrebbe incentivato, inoltre, l’accesso anche da parte dei genitori che ne hanno bisogno a forme di sostegno psicologico attraverso l’ampliamento dei servizi e campagne di informazione dedicate. Tra i più colpiti dall’emergenza vi sono gli alunni con disabilità e i loro genitori, che hanno spesso subito un grave isolamento sociale. E’ indispensabile interrompere questo isolamento, assicurando un forte sostegno sociale ed educativo. Così come è importante rimarcare l’urgenza di investire sulle pratiche di integrazione tra alunni italiani ed alunni con background migratorio anche per evitare ogni rischio di segregazione scolastica.

Un’attenzione particolare va dedicata agli adolescenti, protagonisti invisibili dell’emergenza. Prima della crisi un numero impressionante di ragazze e ragazzi erano fuori dai circuiti educativi, di formazione e di lavoro, i cosiddetti NEET. Questo numero rischia di esplodere. E’ indispensabile non perdere nessuno degli adolescenti usciti dal circuito scolastico, ma raggiungerli e seguirli favorendo un percorso di accesso e orientamento alla formazione professionale e al lavoro. Lo si può fare prevedendo un investimento sullo youth work e l’educazione non formale che consenta di incontrare anche le ragazze e i ragazzi che si sono dispersi, nonché coinvolgerli nella ripresa delle loro comunità anche attraverso le attività inserite nei progetti di servizio civile.
Occorre scongiurare il rischio – oggi più forte – di un aumento delle condizioni di sfruttamento lavorativo e di coinvolgimento nelle reti della criminalità e di aumento degli episodi di bullismo
L’emergenza sanitaria ha messo ancora una volta in luce la criticità di un patrimonio edilizio scolastico privo di essenziali misure di sicurezza. Riteniamo indispensabile un investimento per l’edilizia scolastica che abbia come obiettivo non solo la protezione dai rischi della pandemia, ma la messa in sicurezza delle scuole rispetto ad una pluralità di rischi che affliggono il nostro Paese, a partire da quelli sismici e idrogeologici. E’ tempo che ogni intervento di riqualificazione del patrimonio edilizio scolastico consideri, insieme, le misure di sicurezza, la sostenibilità energetica, la qualità degli ambienti di apprendimento da progettare sulla base delle nuove esigenze pedagogiche e didattiche.

Passo 5

La risposta alla crisi educativa non può essere frammentaria e disarticolata. Per evitare sprechi e sovrapposizioni e per garantire un concreto impatto sulla vita delle bambine, dei bambini e degli adolescenti riteniamo urgente un piano strategico nazionale sull’infanzia e sull’adolescenza, con obiettivi chiari e sistemi di monitoraggio, per promuovere il rilancio diffuso delle infrastrutture sociali e educative. È dunque necessario convogliare le risorse disponibili sia per contrastare l’aumento delle disuguaglianze, sia per finanziare interventi volti a rendere il nostro Paese strutturalmente più resiliente. 

Un piano organico, capace di sostenere, in una cornice di norme, indirizzi e orientamenti nazionali, un approccio partecipativo, cooperativo e solidale. Un quadro strategico unitario che promuova e sostenga concretamente forme di partecipazione diffusa e di decisione locale fondate sull’alleanza, territorio per territorio, tra comuni, autonomie scolastiche, famiglie, civismo attivo e terzo settore, istituzioni culturali e mondo produttivo, sulla base dell’art. 118 della Costituzione. Perché l’educazione delle nuove generazioni, a partire dalla prima infanzia, diventi un obiettivo.