di Sara De Carli su Vita

Più nidi, tempo pieno nella scuola primaria e secondaria di 1° grado, patti educativi di comunità. Sono questi le tre proposte-pilastro della rete EducAzioni al Governo per migliorare il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza e orientarlo davvero verso il suo obiettivo di ridisegnare un nuovo futuro, investendo nell’infanzia

Uno, ampliamento e rafforzamento dei servizi educativi e scolastici per i bambini e le bambine tra 0 e 6 anni e degli interventi a sostegno della genitorialità. Due, estendere il tempo pieno nella scuola primaria e secondaria di 1° grado per combattere la dispersione scolastica e le povertà educative. Tre, sviluppare i patti educativi di comunità. Sono questi le tre proposte-pilastro della rete EducAzioni al Governo per migliorare il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza e orientarlo concretamente verso il suo obiettivo di ridisegnare un nuovo futuro, investendo nell’infanzia.

La rete EducAzioni è nata in questi mesi di emergenza, unendo le forze di 10 reti nazionali che comprendono centinaia di associazioni, ordini professionali, sindacati, organizzazioni di società civile, tutti pronti a mettere a disposizione le proprie conoscenze per dettagliare le proposte ma soprattutto per far sì che gli interventi previsti siano realizzati con modalità che coinvolgano l’intera comunità educante, vera garanzia per la loro efficacia. Le proposte sono state presentate sabato 23 gennaio in un webinar (qui la registrazione) e dettagliate in questo report.

Nell’ultima versione del Piano disponibile, al tema dell’istruzione, inclusivo di scuola e università, sono destinati interventi per complessivi 22,2 miliardi di euro: la cifra è superiore rispetto alle prime ipotesi, ma «appare ancora insufficiente rispetto alla gravità dell’attuale situazione e agli obiettivi che ci si dovrebbe proporre al fine di superare i gravi gap territoriali e sociali in questo campo», annotano gli esperti. In particolare c’è un miliardo per il potenziamento scuole dell’infanzia e sezioni primavera ed è stato portato a 3,6 miliardi il finanziamento destinato ad aumentare l’offerta di asili nido, ma tale cifra sembra sottostimata rispetto al numero di posti aggiuntivi che si vogliono creare, 450.000, necessari per arrivare a un tasso medio di copertura pari al 50%: l’Alleanza per l’Infanzia in un dettagliato e recente paper aveva stimato la spesa necessaria in 4,8 miliardi di euro in conto capitale, a cui vanno aggiunti 2,7 miliardi di euro annui di spesa corrente. Cifre importanti, che però avrebbero fra gli esiti anche la creazione di 42.600 posti di lavoro a tempo pieno.

Rimane debole, inoltre, pur tenendo conto dell’incremento rispetto alla Bozza di inizio dicembre, l’investimento sul contrasto della dispersione scolastica e della povertà educativa, che, andrebbe aumentato di almeno 2 miliardi. Anche qui i “risultati attesi” non sono specificati con attenzione e ciò rischia di perpetuare «una logica di intervento che finisce per declinare risorse senza avere davvero riscontro dell’impatto concreto». La voce “Intervento per la riduzione dei divari territoriali della scuola secondaria di I e II grado in termini di abbandono scolastico” dovrebbe essere riorientata anche sul primo ciclo dell’istruzione: se è vero che la scuola primaria non vede grossi fenomeni di abbandono e di fallimento formativo, è anche vero che le ricerche indicano che proprio quello è il luogo dove con più facilità possono essere messi a fuoco i segnali predittivi delle possibili forme di abbandono e fallimento formativo, permettendo quindi più efficaci interventi per intercettare e prevenire situazioni di rischio.

Le proposte

1. Investire nell’infanzia. Ampliamento e rafforzamento dei servizi educativi e scolastici per i bambini e le bambine tra 0 e 6 anni e degli interventi a sostegno della genitorialità

Gli investimenti nei servizi educativi per la prima infanzia, nelle scuole dell’infanzia e nel sostegno alle competenze dei genitori vanno considerati a pieno titolo come investimenti nell’istruzione, perché sono la base solida su cui bambine e bambini trovano garantita l’opportunità di sviluppare appieno le proprie capacità, contrastando le disuguaglianze e la povertà educativa. Per questo sono strategici sia dal punto di vista sociale che economico.

La rete EducAzioni chiede la definizione di Livelli Essenziali delle Prestazioni (LEP) anche nel campo dell’educazione per i bambini in età 0-6 anni, in modo da fissare e garantire l’esigibilità del diritto di ogni bambina e bambino a beneficiare di percorsi educativi e di istruzione da zero a sei anni, al di là di dove si nasce e si cresce.

Questo significa due cose: nell’arco di un triennio arrivare a una copertura di almeno il 33% dei bambini sotto i tre anni in ciascuna regione, tramite servizi educativi gratuiti, con l’obiettivo di assicurare a tutti il diritto soggettivo all’accesso al nido entro 10 anni e una copertura della scuola dell’infanzia del 95% in tutte le regioni per i bambini in età 3-5 anni, assicurando il tempo pieno e la parziale gratuità nell’accesso anche per quello che la mensa.

2. Estendere il Tempo Pieno nella scuola primaria e secondaria di primo grado, per combattere la dispersione scolastica e le povertà educative

Per farlo, basterebbe non tagliare la spesa dinanzi al calo di iscritti, ma sfruttare l’occasione per migliorare la scuola a spesa invariata. Arrivare nell’arco di un decennio alla generalizzazione del tempo pieno nella scuola primaria implica un fabbisogno aggiuntivo di circa 8.500 classi ogni anno; mentre per estendere il tempo nella scuola secondaria di 1° grado si potrebbe sia attivare un prolungamento di orario sia realizzare laboratori, attività opzionali, esperienze elettive proposte da associazioni e agenzie culturali del territorio con la regia della scuola. Contestualmente alla generalizzazione del tempo pieno va ridotto il numero di alunni per classe a un massimo di 20. La presenza di un minor numero di alunni permette di riorganizzare l’uso degli spazi realizzando mense in tutti gli edifici scolastici. Tutte le scuole di base italiane dovrebbero avere un servizio di mensa o refezione scolastica, anche in forme coordinate e consorziate. Per l’estensione del tempo pieno nella primaria la spesa annua stimata è di milioni 500 per 8.500 classi e nel decennio di 5 miliardi. Per l’estensione del tempo pieno nella secondaria di 1° grado il costo è stimabile in milioni 1.500 di euro per assicurare 2 attività integrative settimanali per tutto l’anno a tutte le classi, per un una spesa annuale di 1,5 miliardi, per un ammontare complessivo di 15 miliardi nel decennio. Per le mense il costo è stimabile in 500 milioni di euro annui.

3 . Sviluppare patti educativi territoriali.

I patti educativi di comunità sono processi di lavoro integrato dove la risposta all’emergenza può diventare spazio per ragionare e sperimentare la scuola che verrà: una scuola che già prima della crisi faticava a accogliere chi faceva più fatica e che quindi va ripensata. Per conseguire i risultati desiderati i Patti devono:

  • Attivare un processo che rafforza e valorizza la scuola pubblica come laboratorio sociale, comunità di partecipazione democratica
  • Facilitare (e poter contare su) l’apertura delle scuole durante tutto il giorno, per trasformare il territorio in un contesto educativo diffuso, che sa riconoscere e intrecciare gli apprendimenti formali con quelli non formali e informali.
  • Assumere come priorità la cura delle situazioni di maggior fragilità, per non lasciare indietro nessuno e per garantire a tutte e a tutti le stesse opportunità educative e di cittadinanza.
  • Favorire il protagonismo e la partecipazione attiva di alunni e alunne e delle famiglie, nonché le relazioni e la qualità degli spazi pubblici all’interno della comunità educante.

Photo by Benjamin Davies on Unsplash

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